Sono Dalila Sartor, Portfolio Manager nella divisione dedicata alla gestione delle inadempienze probabili, gli UTP. Lavoro in Prelios da febbraio 2020 e mi occupo di analisi, reporting e monitoraggio delle performances dei portafogli UTP, sia acquisiti sia in servicing.
Mi piace ricordare da dove sono partita, esattamente tre anni fa, quando conseguii la laurea magistrale in Economia e Finanza all’università Ca’ Foscari di Venezia con una tesi intitolata “Le strategie di gestione dei non performing loans”. Un tema, quest’ultimo, sulle pagine di tutti i giornali: le banche, su spinta delle autorità di vigilanza, avevano iniziato ingenti operazioni di cessione delle non performing exposures (NPE) presenti nei bilanci a fondi e servicer interessati all’acquisizione, a un prezzo spesso molto inferiore rispetto al valore di carico.
“Come faranno i fondi e servicer a creare valore dagli asset ceduti dalle banche?” mi chiedevo quando avevo in tasca solo un diploma di laurea e la forte speranza di potermi creare una professionalità in questo settore. Il desiderio si è realizzato quando ho iniziato la mia esperienza lavorativa in un primario istituto di credito, proprio nella unit “strategica” dedicata al monitoraggio dei crediti deteriorati della banca e delle sue controllate. Ho approfondito così il lato “sell-side”, in termini di approccio e di monitoraggio delle esposizioni non performing e delle iniziative ad esse correlate. Dopo poco tempo ho però sentito il bisogno di entrare in una realtà più dinamica e maggiormente focalizzata al business dei crediti deteriorati – non solo alla loro dismissione – al fine di comprendere in modo più approfondito gli approcci e le modalità di valorizzazione.
Ho deciso quindi di proseguire il mio percorso di carriera all’interno del Portfolio Management di Prelios, nella unit dedicata agli UTP, divisione nata contestualmente alla partnership con Intesa Sanpaolo. Mi sono sentita parte di un progetto completamente nuovo rispetto al panorama italiano e europeo, in cui ho avuto la possibilità fin da subito (se pur nel mio piccolo) di dare un contributo tangibile al set-up di una struttura complessa con una mission virtuosa: fornire supporto alle aziende in difficoltà.
Difatti, lavorando nel Portfolio Management, struttura di governance e controllo, sono stata coinvolta nella definizione del monitoraggio, controllo e reportistica dei portafogli in gestione, con livelli di responsabilità crescenti. Molte volte mi sono trovata davanti ad una tela bianca su cui poter disegnare qualcosa di nuovo. Da ex “artista”, diplomata al liceo d’arte e design, non c’è niente di più entusiasmante che poter mettere in pratica la propria vena creativa applicandola in modo concreto a dati, numeri e concetti finanziari che tanto ho amato durante l’università.
Ma non è solo questo l’aspetto che più mi è piaciuto del mio attuale lavoro. Il ruolo del portfolio manager presenta difatti due anime ben equilibrate: una di carattere quantitativo, legata alla gestione dei dati e alla loro analisi al fine di individuare i principali trend e comprendere in modo approfondito le dinamiche dei portafogli in gestione; l’altra, più qualitativa, riguarda l’interpretazione dei risultati delle analisi da presentare ai diversi stakeholder: direzione business, management e investitori. È un ruolo che ha una rilevanza di carattere strategico in quanto, tramite la consuntivazione dei risultati della gestione, il management può prendere decisioni su come indirizzare al meglio l’attività per massimizzare le performance.
In più, non ho solo trovato un lavoro che mi appassiona ma anche un ambiente giovane ed estremamente collaborativo. Ho avuto modo di interfacciarmi con professionisti dai quali ho scoperto di avere tantissimo da apprendere e che hanno contribuito ad accrescere il mio bagaglio personale di conoscenze. Avere la possibilità di lavorare ed interagire con persone disponibili al confronto ed al supporto reciproco è stato di fondamentale importanza per il raggiungimento degli obiettivi, anche quelli più complicati. Nonostante le difficoltà dovute al cambiamento delle modalità di lavoro conseguenti al lockdown, non ho mai percepito un “distanziamento” da parte di colleghi diretti ed indiretti. L’intera azienda ha saputo adattarsi rapidamente al nuovo contesto di presenza “digitale” organizzando le attività nel modo più ottimale.
Il bilancio di questi nove mesi in Prelios è sicuramente positivo. Ho ancora molto da imparare ma posso dire di essere cresciuta professionalmente e di aver acquisito maggiore consapevolezza delle mie capacità, anche grazie alla fiducia che mi è stata data e al processo di feedback immediato da parte dei miei responsabili. Ho messo in pratica le mie competenze cimentandomi in modelli excel che un tempo vedevo solo nei libri dell’università e ho aumentato la mia sicurezza nel presentare il risultato del lavoro svolto a stakeholders, sia interni che esterni.
Giunti a questo punto, i più attenti mi direbbero “ma quindi, come fanno i servicer a creare valore da asset non performing?”. In base all’esperienza professionale che ho vissuto, Prelios ha nella gestione degli NPE una delle proprie principali linee di business, tra le più importanti. Possiede un’adeguata struttura organizzativa, la migliore possibile in termini dimensionali e di qualità delle risorse impiegate, e le best practices. Tutti elementi, questi, che consentono di condurre il business in modo profittevole. In Prelios è presente una struttura integrata dedicata alla gestione proattiva degli UTP, con funzioni di governance e risorse specializzate. Il valore aggiunto risiede sia nelle competenze immobiliari sia nel processo industrializzato di gestione dei crediti NPE, che identifica di volta in volta le migliori prospettive di recupero per generare profitti e dare supporto e beneficio all’economia del Sistema Paese.